SMETTO QUANDO VOGLIO. Il lavoro nel nuovo millennio tra quiet quitting e silenzio organizzativo
Autore: Paolo Iacci
Editore: Egea
Rate Management Talks: 4,8/5
Recensione a cura di Silvia Donatello per managementtalks.it
IL LAVORO È UNA QUESTIONE DI FEELING
Un saggio rivelatore, scoprirete la verità sulla situazione del lavoro in Italia. Ma non solo, anche su quelle che sono le implicazioni economiche e sociologiche dei fenomeni nel nuovo sistema impresa-lavoro.
Lucida, diretta, chiarificatrice. È l’analisi dell’autore su quelli che sono i capisaldi storici del rapporto lavoratore e organizzazione, saltati, in crisi, vacillanti. È una rivoluzione in atto.
Il libro è bellissimo, a cominciare dal titolo “Smetto quando voglio”, emblematico. Il coltello dalla parte del manico è passata al lavoratore, consapevole e padrone di scegliere di uscire dall’oblio in cui si ritrovava perso tra quiet quitting e silenzio organizzativo. I catalizzatori del cambio di paradigma? La pandemia, l’epoca del paradosso in cui siamo, la ricerca del proprio equilibrio.
Un complimento all’editore (e anche all’autore, in caso si tratti di una cosa condivisa ndr), per la scelta del formato di stampa del testo. Portabile, smart, quasi tascabile, perfetta per una comoda lettura in metro. Ne fa un vademecum, quasi un breviario da portare sempre con se, per rileggersi i concetti e le parti fondamentali in caso di dubbio o di necessità di riconferme.
Riconferme che servono e come, ogni qualvolta ci troviamo in bilico tra la teoria e la pratica dei meccanismi quotidiani, quando ci chiediamo perché un collega agisce in un certo modo, perché un collaboratore fa determinate scelte.
Le nostre quali sono e saranno? E perché non le abbiamo ancora fatte? Gli imprenditori come reagiscono e cosa dovrebbero fare? La politica dove dovrebbe orientare le sue azioni economiche e sociali?
Paolo Iacci risponde puntuale a tutte queste domande, forte della sue enorme padronanza in materia di lavoro e gestione delle risorse umane. Lo fa spaziando tra temi attuali, metafore e digressioni storico filosofiche del presente e del passato. Legandosi, nelle sue riflessioni, a concetti di libri e pubblicazioni emblematiche che fanno si che il libro stesso diventi una fonte inesauribile e stimolante di bibliografia da approfondire assolutamente.
Il libro
Cinque capitoli più la premessa dell’autore che vi accompagneranno all’interno di un viaggio – scoperta di quelli che sono oggi i fenomeni che stanno trasformando il lavoro.
La premessa è subito calda, Iacci ci introduce un piccolo aneddoto che riguarda Umberto Galimberti e il loro primo incontro telefonico. Con lui poi ha scritto il libro Dialogo sul lavoro e la felicità, ma non ha mai dimenticato quella prima telefonata premonitrice di nuovi fenomeni sociali e organizzativi.
Lo scenario e i nuovi fenomeni
Nello scenario odierno, l’autore ci parla di quelli che sono i paradossi del lavoro iniziando con un passo tratto dal libro Il mondo deve sapere di Michela Murgia. Oggi si parla sempre meno di lavoro, e quando se ne parla lo si fa quasi sempre in contesti che trasmettono ansia, pindariche aspettative secondo cui essere sempre i primi della classe.
A supporto del paradossale slogan in atto, Iacci ci presenta alcuni dati Istat riferiti a giugno 2023. Il tasso di occupazione in Italia è il più alto dell’ultimo mezzo secolo, 61.8 %. Sebbene il tasso di occupazione rimanga comunque ancora basso rispetto a quello di molti altri paesi vicini a noi, in Italia le persona che lavorano non sono mai state così tante come oggi. Generalizzare la situazione con slogan del tipo “fuga dal lavoro” o simili non è mai stato più sbagliato di adesso. I fenomeni che devono preoccupare sono altri e vanno analizzati bene. Uno di questi è la disoccupazione giovanile, di cui ancora oggi dobbiamo vergognarci. Siamo al 9,5% della popolazione in età da lavoro, contro la Germania al 3,6% e la Francia al 7,7%. Dietro di noi solo Spagna e Grecia. Perché?
Ovviamente la risposta è complessa e non si può ridurre a singoli fattori, ma Iacci individua le cause principali, e chi legge non può fare altro che concordare.
- le imprese non trovano le persone con le competenze che servono (mismatch professionale)
- il nostra sistema scolastico è sempre più agonizzante. Tagli, e investimenti fermi da decenni causano la deriva del sistema di formazione professionale che non risponde più alla domanda di quello produttivo
- servirebbero molti più iscritti agli Istituti Tecnici Superiori di quanti ce ne sono (orientamento post scuola dell’obbligo poco efficace)
- disconoscimento del lavoro manuale ormai sottovalutato e evitato, etichettato come sconfitta sociale
Nel capitolo successivo l’autore esamina quelli che sono i nuovi fenomeni del lavoro, cosa vogliono gli italiani e cosa li preoccupa. Ormai per molti è meglio non lavorare che farlo in aziende “tossiche” che non valorizzano il potenziale del singolo o dei team di lavoro. Lo dice il Censis e anche l’ultima indagine Allianz.
Formazione innovativa e valori che l’impresa esprime sono le vere leve che rafforzano l’engagement aziendale nei giovani, perdono quota welfare e benefit.
Quello che conta è il “contratto psicologico” con la propria organizzazione a cui i nativi digitali sono molto più legati rispetto alle precedenti generazioni.
Great resignation , altro fenomeno ampiamente sopravvalutato dai media e dagli operatori di settore. In Italia non sembra infatti esserci stata questa grande fuga dal lavoro. Una bolla mediatica che Iacci ridimensiona con un’accurata analisi e dati alla mano. Leggere per credere!
Dalla pandemia e negli ultimi anni gli italiani hanno sì cambiato lavoro, ma non hanno lasciato il posto senza avere una validità alternativa. Nessun salto nel buio senza una ricollocazione, quindi parliamo piuttosto di great reshuffle, un grande rimpasto. Spinti dallo stare meglio, le persone hanno cambiato, valutato nuovi impieghi molto di più che in passato. A riprova del fatto che la felicità non è più un elemento procastinabile.
Il meccanismo in cui si inseriscono in NEET (Not in Employment, Education or Training) è invece quello che Iacci definisce dell’epoca delle passioni tristi, indebolita dalla perdita di alcuni dei valori fondamentali.
Per i ragazzi il futuro non è più una promessa, nel nostro paese è carente un orientamento scuola e lavoro, il lavoro non è più vissuto come autorealizzazione ma come una condanna, e in questo molti giovani e molto famiglie si sentono abbandonati a loro stessi.
Tutto questo dà vita alla “nuova emigrazione”, come la definisce l’autore, che vede i giovani talenti uscire dal nostro paese che li perde perché non investe su di loro e sul loro potenziale come dovrebbe. Un paese così è destinato a morire, parola di Iacci.
Proseguendo nella lettura del libro, si parla di quelli che a questo punto sono i nuovi paradigmi del mondo del lavoro, le 5Q.
Quiet quitting, Quiet hiring, Quiet firing, Quiet promoting e Quiet thriving.
Fenomeni calmi e silenziosi che stanno sconvolgendo aziende, organizzazioni e le persone. Dipendenti che in modo silenzioso si isolano e non si impegnano nel loro lavoro. Nessuna proattività, nessuna partecipazione, svolgono il minimo indispensabile. Reazione al non sentirsi compresi e valorizzati dalla propria organizzazione e all’avere addirittura paura di esprimersi (quiet quitting).
Diverso il fenomeno del quiet firing in cui sono gli stessi responsabili ad isolare e allontanare i propri collaboratori senza affrontare apertamente conflitti e malumori.
Ci si ritrova spesso a dover constatare anche fenomeni come il quiet promoting in cui le persone vengono subissate di lavoro senza una promozione formale, piuttosto con vaghe promesse o illusioni che ciò possa accadere.
Il quiet hiring invece è quel fenomeno che ci fa capire quanto sia grande il gap tra competenze richieste dalle aziende e quelle disponibili tra le proprie risorse umane. Si verifica quando si cercano abilità e know how fuori dalle organizzazioni con consulenze e incarichi a professionisti esterni. Fenomeno sempre più frequente.
Ultimo, ma non meno importante, è il quiet thriving lo sviluppo silenzioso. Si sta evolvendo specialmente tra i giovani che, per fortuna, stanno riscoprendo un certo interesse nell’impegnarsi in un lavoro appagante, ma che non vada a discapito di una qualità di vita accettabile.
Cosa fa più paura? Quello che si può definire come “silenzio organizzativo”, le aziende non sanno rispondere ai fenomeni nel modo che serve. Neppure i governi. E l’articolo 18 allora oggi si chiama “formazione”, chi lo capirà sapra attrarre i talenti e consolidare la propria forza lavoro.
In chiusura alcuni consigli (non scontati, come dice l’autore) per fronteggiare questi nuovi fenomeni. E nelle conclusioni un elogio alla mitezza, per citare il libro di Bobbio, perché è “giunta l’ora di un nuovo umanesimo, a partire dalle attività economiche”.
Tutto la lettura è corredata da dati, statistiche e indagini qualitative che conferiscono grande valore al dibattito e alle riflessioni dell’autore. Il lettore inoltre è stimolato a scoprire nuovi assetti e a sfatare alcuni dei miti e stereotipi odierni, spesso presentati con superficialità o approssimazione nei vari contesti lavorativi e non.
Un’altra cosa davvero bella di questo libro? La bibliografia, una vera e propria biblioteca per hr e per aggiornarsi su tutti i temi più caldi del settore. Imperdibile.
Sull’autore
Paolo Iacci è docente di Gestione delle risorse umane all’Università Statale di Milano, presidente nazionale di ECA e di AIDP Promotion, consigliere di amministrazione di aziende e Fondazioni. Autore di numerosi libri di management e lavoro, tra cui Purpose e leadership ibrida (2022), Oltre lo smart working (2022) e Sostenibilità e risorse umane (2023). Con Egea ha pubblicato L’età del paradosso (2019), Sotto il segno dell’ignoranza (2021) e con U. Galimberti, Dialogo sul lavoro e sulla felicità (2021).
Rating Management Talks: 4,8 su 5
Recensione Management Talks a cura di: Silvia Donatello