di Francesco Caporali, Flavio Tosi
Immagine di copertina generata da Microsoft Copilot Designer con tecnologia OpenAI Dall-E 3
Prima Parte
La negoziazione è prima di tutto un processo di comunicazione interpersonale. Viene avviato quando serve risolvere degli obiettivi contrastanti tra due o più parti. Si conclude in modo positivo quando le parti identificano quello scambio – in cui ciascuno cede e guadagna qualcosa – che soddisfa al meglio gli obiettivi di tutti.
Come in qualunque comunicazione interpersonale, le capacità di influenzare e di persuadere giocano un ruolo importantissimo. Da questa considerazione scaturiscono innumerevoli insegnamenti sulle tecniche per costruire rapidamente una relazione di fiducia con la controparte negoziale. Si tratta, per lo più, di tecniche che si prestano facilmente anche a un uso che potremmo definire poco etico delle negoziazioni. Possono portare vantaggi nel breve periodo ma, nel lungo periodo, si ritorcono spesso contro.
Ne è un esempio eccellente il libro di C.Voss e T.Raz “Never Split The Difference – Negotiating as if your life depended on it” uscito nel 2016 (disponibile anche in italiano sotto il titolo “Volere troppo e ottenerlo – Le nuove regole della negoziazione” (2) ). Ha venduto milioni di copie nel mondo e dopo 8 anni continua a essere incluso in quasi tutte le top 10 dei migliori libri di negoziazione, per cui è diventato ormai un classico con cui confrontarsi.
Il libro è scritto in modo convincente e accattivante. Da molti definito “geniale” è citato anche nel libro “Al tavolo della negoziazione” (1) che ho scritto insieme a Flavio Tosi e pubblicato da FrancoAngeli.
In questo articolo mi piacerebbe sollevare qualche dubbio su come e quando usare le tecniche suggerite da Voss. In particolare, vorrei spiegare perché tendiamo a sconsigliarne l’uso a chi vuole imparare a negoziare favorendo, invece, la lettura di altri testi che forniscono una visione più completa e equilibrata nell’apprendimento dell’arte della negoziazione. Primo fra tutti “Bargaining for Advantage: Negotiation Strategies for Reasonable People” di G. Richard Shell (3) che consideriamo un po’ la nostra stella polare.
Perché siamo così critici? Tutte (o quasi) le tecniche insegnate da Voss sono pensate per abbassare la diffidenza della controparte e convincerla a fare qualcosa che non va necessariamente nel suo interesse. Ovvio, se pensiamo che sono tecniche sviluppate per salvare la vita degli ostaggi, dove non serve preoccuparsi troppo della fine che faranno i rapitori (e questo è un dettaglio che non deve essere trascurato per i nostri ragionamenti). Nel loro insieme, queste tecniche sono chiamate “tactical empathy” e la parola “tactical” già dovrebbe sollevare qualche perplessità.
Ce ne sono alcune che ci piacciono, se usate con misura, e altre che invece sconsigliamo di utilizzare ogni qual volta abbiamo interesse a conservare una buona relazione con la controparte, senza correre il rischio di “macchiare” la nostra reputazione di negoziatori eticamente corretti.
Vediamo più da vicino queste tecniche e capiamo insieme cosa le rende eticamente scivolose.
1. Autoaccusarsi per neutralizzare il risentimento.
E’ una versione potenziata della regola di buon senso “se hai sbagliato, chiedi scusa”. Un po’ come cospargersi il capo di cenere, la tecnica consiste nel dar voce alle accuse più feroci che immaginiamo passino per la testa di chi è arrabbiato con noi. La tecnica dice di continuare ad autoaccusarsi fino a che l’altra parte non abbia smaltito la rabbia e anzi si senta spinta a consolarci, minimizzando l’accaduto. Se dovete placare qualcuno a cui volete bene e che è veramente inferocito con voi, provatela e ne vedrete la potenza. Ma in una trattativa, specie se di affari, è completamente fuori luogo.
2. Sollecitare un No.
Questa parte tecnica da un’osservazione: la maggior parte delle tecniche di vendita “pushy” è mirata a farci dire Sì. Sentirsi pressati ad accettare qualcosa è un’esperienza sgradevole che conosciamo tutti molto bene. In queste situazioni, esprimere un rifiuto è liberatorio e allenta automaticamente le difese. La tecnica consiste proprio nel sollecitare un rifiuto (formulando una richiesta che sappiamo già che non verrà accettata), per poi chiedere cosa potrebbe trasformare quel No in un Sì. Una volta disteso il clima, il dialogo torna ad essere costruttivo e collaborativo. Se la controparte è inesperta, può finire per rivelare anche troppe informazioni. Quando si accorgerà di essere stata “fregata”, difficilmente si presterà di nuovo al giochetto. Se vogliamo tutelare la relazione con la controparte perché sappiamo che avremo di nuovo a che fare con lei, questa tecnica supera già quella soglia sottile oltre la quale la fiducia viene messa a rischio.
3. “Hai cambiato idea?”
Tutti abbiamo fatto degli accordi a cui l’altra parte non ha dato seguito, eclissandosi senza più farsi sentire e fornire una motivazione. Spesso questo silenzio nasconde semplicemente la necessità di tergiversare per tenersi aperte più opportunità, ma per chi aspetta una risposta è abbastanza esasperante. Il modo che propone Voss per sollecitare un riscontro è quello di sorprendere la controparte con una domanda a bruciapelo, del tipo “hai cambiato idea?”. La tecnica è effettivamente efficace e fa leva sul ben noto principio di coerenza di Cialdini. Se presi alla sprovvista, pur di non apparire incoerenti con un impegno precedente, ci sentiamo spinti a fare o a dire cose che avremmo preferito evitare. Anche questa, come la precedente, si usa al massimo una volta sola perché l’altro non ci cadrà una seconda volta.
4. Dare l’illusione del controllo
Non serve commentare, la frase dice già molto sull’intento. Potrebbe essere vista come una versione più spregiudicata della “spinta gentile” di Thaler. Mira a influenzare le decisioni della controparte selezionando con cura le opzioni tra cui scegliere, guidandola di fatto nella direzione che desideriamo (per chi l’ha letto, fa parte di questa tecnica l’uso abile di domande aperte, le “calibrated questions” come le definisce Voss). Se lo scopo è quello di trarre vantaggio unilaterale, è probabile che a posteriori la controparte si accorga di essere stata manipolata, con un danno evidente della relazione fiduciaria, ed è il motivo per cui generalmente la sconsigliamo nelle trattative.
5. Ripetere le ultime parole della controparte
Rifrasare le parole dell’altro è una raccomandazione centrale nell’ascolto attivo e aiuta sicuramente la comprensione reciproca. Quello che suggerisce Voss va un po’ oltre e rientra nella più generale tecnica di fare lo specchio. Suggerisce di ripetere ogni volta le ultime 3-4 parole pronunciate dall’altra parte. Tecnica che rischia facilmente di diventare fastidiosa, se fatta male. Alla base, c’è una considerazione: consapevoli o no, siamo tutti pieni di storie da raccontare e alla ricerca di un’audience. Sentirsi ascoltati (e compresi, come vedremo nel passo successivo) è una lusinga spesso irresistibile. Si crea automaticamente un legame di simpatia e, come insegna Cialdini, diventiamo più propensi ad accettare le richieste di chi ci sta simpatico.
Nella seconda parte dell’articolo che sarà pubblicata prossimamente continueremo ad esplorare ulteriori tecniche di negoziazione con le relative considerazioni etiche.
Bibliografia
(1) Al tavolo della negoziazione – Strumenti e metodi dei negoziatori professionisti , di F. Tosi e F. Caporali- Leggi la nostra recensione!
(2) “Volere troppo e ottenerlo – Le nuove regole della negoziazione” di C.Voss e T.Raz
(3) “Bargaining for Advantage: Negotiation Strategies for Reasonable People” di G. Richard Shell
Francesco Caporali
è cofondatore di Capcost, azienda specializzata nel supporto al Procurement di servizi di Information & Communication Technology. Negozia intensamente ed eticamente accordi di fornitura per conto di grandi e medie aziende da 20 anni, cercando di portare risultati tangibili e sostenibili nel tempo.
Flavio Tosi
è il fondatore di Business Exploration, società che dal 2009 supporta aziende industriali e startup ad alta tecnologia nel costruire con metodo l’entrata su nuovi mercati, la vendita di nuovi prodotti e servizi, il lancio di nuove attività imprenditoriali.
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