di Ilaria Marchioni

Collana “Age Management. La diversità passa anche dall’età.”

4 diverse generazioni

Le organizzazioni stanno attraversando un momento davvero critico in merito all’Age Management e alla gestione delle generazioni in azienda.

E’ vero che le generazioni ci sono sempre state, ma mai come ora veicolano un divario che sta mettendo a dura prova la convivenza aziendale e la capacità della classe manageriale di coinvolgere e sviluppare il potenziale di ogni persona del team.

Come mai adesso più che prima?

Innanzitutto perché l’età media nell’ultimo secolo è aumentata di 30 anni (fonte ISTAT), quindi la probabilità di incontrare persone con età molto diverse dalla nostra è maggiore. Inoltre il mondo attuale, con la sua vertiginosa velocità, sta portando cambiamenti quotidiani, che ovviamente hanno un impatto sul modello comportamentale, cognitivo e decisionale di una persona, e oggi più che prima anche “solo” 10 anni di differenza fra una persona e l’altra generano un divario importante, figuriamoci quando questi anni di differenza sono 40! Oggi la differenza che c’è fra una persona di 20 anni e una di 60 è talmente abissale e ha un impatto così rilevante sui comportamenti che a volte pare che siano passati secoli fra una e l’altra. Ovviamente quando queste persone si trovano a lavorare per la stessa azienda e nello stesso team è più probabile che scatti il giudizio reciproco, con la presunzione di avere ragione, qualsiasi sia la nostra età o la generazione a cui apparteniamo, piuttosto che la comprensione e la valorizzazione dei diversi stili che le persone portano.

La tematica diventa scottante perché, dopo molti anni in cui le generazioni presenti in azienda erano solo 3, oggi con l’entrata sul mondo del lavoro della generazione Z diventano almeno 4 (Baby Boomers, Generazione X, Millennials e Generazione Z), e non è nemmeno più vero che le generazioni precedenti guidano le successive. Oggi infatti le generazioni più mature si trovano a dover cedere il passo a quelle più giovani, che peraltro spesso non si sentono rappresentate né motivate dal paradigma che trovano, impostato dai Baby Boomers, e che possono anche cadere nel tranello di escludere chi è venuto prima nel tentativo di cambiare lo status quo. Così come chi è venuto prima può avere la tentazione di escludere chi viene dopo, per non rischiare di “farsi fare le scarpe”.

Le persone più giovani, infatti, portano dei punti di vista e dei modi di intendere il lavoro e le relazioni in azienda spesso dirompenti rispetto al modello tradizionale su cui le organizzazioni sono ancora in gran parte costruite, e non si identificano necessariamente in ciò che ingaggiava le generazioni precedenti. Ciò acuisce le difficoltà a capirsi e a lavorare insieme, producendo una vera emergenza di comprensione intergenerazionale. E se pensiamo che entro il 2025 le persone appartenenti alla Generazione Z saranno il 27% della forza lavoro, l’urgenza diventa una vera e propria emergenza.

Valorizzare le differenze 

Che fare allora? Continuiamo a pensare di avere la ragione in tasca solo perché «si è sempre fatto così» o viceversa perché «quello che mi insegni è ormai sorpassato», o cerchiamo di comprenderci e valorizzare la parte che ognuno di noi può portare, senza pensare che ci sia una verità assoluta, contribuendo con il proprio punto di vista senza però imporlo alle altre persone?

Peraltro, la maggior parte delle persone dell’attuale classe manageriale appartiene alle generazioni “di mezzo”, costrette ad avere uno sguardo strabico sul proprio team composto da persone più mature e più giovani contemporaneamente, con l’ovvia esigenza di modulare il proprio stile di leadership anche tenendo conto di cosa motiva le diverse generazioni. E anche questo è un aspetto piuttosto nuovo, se consideriamo che finora era molto più normale trovare manager che appartenessero a generazioni precedenti e che gestissero squadre composte da persone appartenenti a generazioni successive. Di fatto, quindi, quei manager e quelle manager dovevano guardare solo in una direzione. Oggi, invece, i manager e le manager della Generazione X e i Millennials che stanno crescendo rapidamente nelle posizioni di responsabilità, si trovano a dover gestire sia generazioni precedenti che successive alla propria, e non sono preparati né in grado di farlo, finché non approfondiscono la tematica, comprendono meglio le differenze e imparano come valorizzarle, anche gestendo il proprio stato emotivo, messo di norma in grande difficoltà dalle persone che sono molto diverse da noi.

Uno stile di leadership dinamico

I progetti di Age Management in azienda quindi si trovano attualmente a dover affrontare due “emergenze”:

  • Divulgare consapevolezza del tema a tutte le persone, affinché si possa iniziare a comprendersi anziché giudicarsi, ad avvicinarsi anziché separarsi, a valorizzarsi anziché ridicolizzarsi, a tutto vantaggio di motivazione, senso di appartenenza e produttività
  • Formare una classe manageriale inclusiva in grado di cambiare il proprio stile a seconda delle leve motivazionali che muovono le diverse persone del team, in grado di valorizzare appieno le persone a prescindere dall’età che hanno, affinché ogni persona possa dare il proprio miglior contributo all’interno del mondo del lavoro. Le criticità gestionali in capo ai/alle manager infatti si traducono in una perdita netta di opportunità di business, in difficoltà relazionali e di collaborazione all’interno dei team, in carenza di supporto reciproco, con impatti rilevanti sulle sinergie che le persone, nelle loro diversità, avrebbero potuto generare, se fossero state in grado di comprendersi reciprocamente e di sentirsi, comunque, apprezzate. Una situazione allarmante, sempre più diffusa e che richiede di mettere a punto strumenti e modelli specifici di intervento proprio su chi ha la responsabilità di guidare team intergenerazionali.

Il tema è quindi cruciale, e le aziende che lo metteranno fra le priorità avranno un indubbio vantaggio competitivo, sia in termini di attraction che di retention, di valorizzazione del pieno potenziale di ogni persona e infine di reputation, in un sistema che (auspicabilmente) sarà sempre meno orientato a tollerare le discriminazioni.

Bibliografia

IL VALORE NON HA ETÀ: Persone e organizzazioni oltre il divario generazionale, 2024, EgeaEditore 

 

Ilaria Marchioni

Senior trainer – ICF Professional Certified Coach – Scrittrice. Grazie a una ventennale esperienza nel business e in HR in multinazionali e ambienti organizzativi complessi, sia come manager che come content owner, rappresenta una figura di riferimento per percorsi individuali e progetti aziendali di:

  • Formazione e trasformazione
  • Coaching e mentoring
  • Gestione del cambiamento
  • Sviluppo dei talenti e del potenziale umano
  • Diversity Equity & Inclusion
  • Cultura dell’apprezzamento

E’ autrice dei libri:

  • Il prezzo del tempo – scopri e trasforma i meccanismi inconsci che rubano il tuo tempo
  • La tua traccia – dieci passi per essere felici
  • Il valore non ha età – persone e organizzazioni oltre il divario generazionale

sul contenuto dei quali ha costruito percorsi per individui e workshop aziendali.

Porta sul lavoro l’entusiasmo, la passione e la competenza che da sempre la contraddistinguono, coniugando determinazione, problem solving, empatia, ottimismo e capacità di sviluppare il pieno potenziale delle persone.

Profilo Linkedin

Canale Youtube

Sito Web

Profilo Instagram

 

Leggi tutti gli articoli su Management Talks