di Daniel Di Martino

Collana Life Design: conoscersi, evolvere e realizzare i propri progetti di carriera.

Terza Parte 

Nella prima e nella seconda parte dell’articolo dedicato al Life Design abbiamo visto come è nato questo metodo e qual è la sua essenza di base sviluppata poi nei modelli applicativi di Burnett e Evans.

In questa terza parte continueremo a scoprire come viene affrontato il Life Design nel modello di Savickas e nel modello del Counseling Italiano.

Life Design, il modello di Savickas

Coerente con il paradigma del Life Design è la “Teoria della Costruzione di Carriera” (Savickas 2002, 2013), che vede la carriera come un progetto attraverso il quale fare di sé e del lavoro un veicolo per infondere significato e scopo alla vita. La carriera accademica, in questo caso, rappresenta il mezzo tramite il quale poter raggiungere tali obiettivi.

La perdita di strutture stabili e traiettorie prevedibili ha portato a quello che è stato chiamato “l’individualizzazione del corso della vita” (Beck 2002). “L’individualizzazione richiede che le persone ottengano una vita” (Habermas & Bluck 2000) e navigare nelle transizioni di quella vita lavorando sull’identità che coinvolgono le attività riflessive di formazione, mantenimento e revisione di narrazioni identitarie caratterizzate da distintività, coerenza e continuità. Questi processi narrativi producono il capitale identitario di conoscere e amare la propria storia di vita. Ciò significa che la storia personale viene utilizzata per far fronte alle incertezze.

Mentre le persone si muovono da un contesto all’altro, devono lasciar andare ciò che hanno fatto, non chi sono. Se lasciassero andare tutto, la perdita potrebbe sopraffarli. Tenendo il sé nella forma di una storia di vita che fornisce coerenza e continuità, è possibile muoversi con integrità e vitalità per perseguire il proprio scopo e obiettivi generali. I cinque presupposti al Life Design che sono le condizioni fondamentali per sviluppare un nuovo paradigma per la progettazione della vita nel XXI secolo sono: “contesto, processo, dinamiche non lineari, realtà narrative e modellizzazione” (Savickas et al. 2009).

Il primo presupposto considera l’identità di carriera plasmata dall’autorganizzazione delle molteplici esperienze di vita quotidiana; il singolo fruitore e il suo ecosistema formano un complesso di entità dinamiche, risultante da un’auto-organizzazione mutuamente adattativa nel tempo.

Il secondo presupposto è concentrarsi sulle strategie per la sopravvivenza e le dinamiche per affrontarle, piuttosto che aggiungere informazioni o contenuti. I consulenti devono discutere con i fruitori “come fare” e non “cosa fare” (Savickas et al. 2009). L’ipotesi è che attitudini e interessi siano sufficienti per avere successo in un determinato lavoro o formazione, e la convinzione che tali requisiti rimangano stabili e prevedibili sembra essere non più veritiera.

Le persone che progettano e vivono le loro vite non dovrebbero vedere le loro attitudini e i loro interessi come fissi, dato che questi mutano nel tempo anche in base alle esperienze. Inoltre, le causalità lineari semplici sono l’eccezione e l’assunto del terzo presupposto del Life Design, che passa da semplice consulenza per il processo decisionale a un’esperienza nella progettazione della vita dei fruitori in co-costruzione.

Il quarto presupposto è concentrarsi sulla costruzione e riqualificazione in corso del fruitore, attraverso la costruzione di realtà soggettive e multiple. Piuttosto che fare affidamento su norme di gruppo e termini astratti, dovrebbero impegnarsi in attività e nella creazione di significato che gli consentano di costruire una nuova visione di sé stessi.

Infine, l’ultimo presupposto è incentrato sulla valutazione dei risultati e sulla garanzia della qualità delle procedure di consulenza, modellazione di modelli frattali e lo sforzo per prevedere l’emergere di configurazioni stabili di variabili, anziché una singola variabile di risultato nella valutazione. Infatti, nelle attuali società liquide, gli individui devono pensare sulla loro vita al fine di definire (e ridefinire in ogni periodo della loro vita) le maggiori aspettative che le danno un senso. Diversamente dall’orientamento professionale, i dialoghi sulla progettazione della vita non mirano ad aiutare i fruitori a pensare alla loro vita dal punto di vista delle attuali norme sociali di occupabilità. Il loro scopo è più fondamentale: è aiutarli a definire le proprie norme, norme da cui possono trarre significati per le loro vite e progettarle. Riflettere sulle prospettive, che rendono la vita significativa, implica che le persone intraprendano dialoghi con sé stesse e con gli altri.

Dunque, prendono forma gli interventi che mirano ad assistere i clienti nello sviluppo di tale riflessività nei dialoghi di consulenza (Guichard 2015). Secondo il modello generale di Life Design di Savickas (2009) gli interventi di dialogo hanno sei fasi generali:

  • In primo luogo, il cliente e il consulente devono definire il problema, formulare gli obiettivi di consulenza, instaurare un rapporto caratterizzato come un’alleanza di lavoro. In questa relazione, il consulente incoraggia il cliente a descrivere attraverso narrazioni la storia dei problemi da affrontare.
  • Il secondo passo prevede l’esplorazione da parte del cliente del suo attuale sistema di forme di identità soggettive e di come il cliente si organizza e funziona nel saliente ruolo/dominio.
  • Il terzo passaggio consente al cliente di studiare le storie a distanza e fornisce ai clienti nuove prospettive durante una revisione della storia.
  • Il quarto passo nell’intervento di progettazione della vita consiste nel mettere il problema di partenza nella nuova prospettiva.
  • Il quinto passo è specificare un piano e descrivere alcune attività relative alle future esperienze desiderate. Il consulente dovrebbe verificare con il cliente che questo piano di azione mirata affronti direttamente il problema che ha portato all’attenzione. È utile fornire al cliente una sintesi scritta del piano e una dichiarazione di identità che cristallizza i punti di forza sostenibili e una formula di successo.
  • La sesta fase consiste nello studio degli esiti della consultazione e, se necessario, fornisce una consulenza aggiuntiva.

Secondo questo modello, quindi, il soggetto erogatore di questa tipologia di intervento deve instaurare un rapporto di alleanza non direttiva nei confronti dei fruitori e favorire dinamiche di esplorazione, condivisione e apertura utilizzando come mezzo il dialogo e la narrazione, sia introspettivi che di confronto con gli altri, quest’ultimi visti come un valore aggiunto all’intero processo in cui tutti sono alleati. Creare un setting non giudicante e aperto è essenziale al fine di stimolare il coinvolgimento di tutti e creare così un percorso di orientamento e potenziamento che integri le qualità di ognuno.

Life Design, il modello del Counseling Italiano

Come abbiamo esposto sopra, “la carriera e la costruzione di sé sono caratterizzate dall’integrazione e dall’attenzione simultanea sulle caratteristiche della personalità, sui processi di sviluppo e sulle storie individuali” (Di Fabio, Maree 2012). Infatti, “i clienti ascoltano e prestano attenzione alle storie che ripetono a sé stessi per confortarsi, per mantenersi concentrati sui propri obiettivi e per prepararsi, traendo consigli dalle esperienze passate al fine di essere preparati al futuro, affrontandolo con un comprovato piano e stile di azione.

L’intervista sulla storia della carriera può essere utilizzata dai consulenti che fungono da pubblico per i clienti e sottolineano strategicamente alcuni aspetti delle storie o delle narrazioni dei clienti ripetendo parole e frasi particolari e leggendo ad alta voce le risposte dei clienti” (Di Fabio, Maree 2012). In altre parole, i fruitori sono incoraggiati a parlare ad alta voce e ad ascoltare sé stessi, direttamente (ascoltando la propria voce) e indirettamente (ascoltando i propri consulenti).

I consulenti “facilitano la consulenza narrativa sulla carriera per aiutare i loro clienti a scoprire la propria identità e facilitando la progettazione di vite personali e professionali di successo. L’intervista sulla storia della carriera ha una domanda di apertura che suscita gli obiettivi dei clienti per la consulenza” (Di Fabio, Maree 2012). Vengono quindi poste una serie di domande di base (primarie) per trarre narrazioni dai clienti per aiutare i consulenti a comprendere e co-costruire le loro storie di vita (Hartung 2007, 2010; Savickas 1998, 2007).

Queste domande possono vertere su molteplici ambiti e hanno lo scopo di accertare i modelli di ruolo dei clienti, le loro passioni, gli interessi, i motti, i valori, ecc.. Uno degli studi più interessanti che utilizza questo strumento e svolto nel contesto italiano, è stato quello di Di Fabio et al. (2012) il cui scopo era di valutare l’efficacia del Life Design Counseling di gruppo utilizzando, appunto, l’intervista Career-Story. Inoltre, in linea con le tendenze attuali, Di Fabio (2009, 2010) propone un nuovo strumento qualitativo per facilitare lo sviluppo di carriera, vale a dire il genogramma di carriera rafforzato.

“Questo strumento/tecnica sottolinea l’utilità degli esercizi scritti nell’incoraggiare la riflessione sul Sé da un lato e, soprattutto, nell’evidenziare l’utilità dell’intervento di gruppo quando i clienti condividono le loro esperienze di vita con un consulente di Life Design differente. Questo approccio di gruppo si lega ai vantaggi consolidati dei partecipanti che completano esercizi scritti in un contesto di gruppo” (Di Fabio et al. 2012). “Gli esercizi scritti sono considerati particolarmente utili in termini del loro potenziale di suscitare riflessione e facilitazione di gruppo” (Di Fabio et al. 2012). Infatti, da una prospettiva di Life Design, “la consulenza di gruppo risulta essere particolarmente utile in termini del suo potenziale per utilizzare in modo ottimale il potere del pubblico, poiché condividere la propria storia con il gruppo può facilitare la costruzione del Sé e anche aiutare a trovare un senso nella vita.

Questo può accadere quando i clienti ascoltano e rispondono agli stimoli che il gruppo o il pubblico (guidato dal consulente di carriera) offre a ciascuna persona attraverso esercizi specifici che tutti i membri del gruppo completano. La scoperta di sé, la crescita personale, la creazione di significato e il processo decisionale sono di conseguenza mediati; mentre importanti esperienze individuali vengono condivise e riflesse, i singoli membri acquisiscono una maggiore comprensione del significato delle loro vite” (Di Fabio et al. 2011). In questo processo, la costruzione della carriera e il Life Designing sono attivamente incoraggiati. Inoltre, per innescare e mantenere tali dinamiche, è necessario creare uno “spazio sacro” (Savickas 1989, 1998), su cui si può costruire la relazione terapeutica non solo tra counselor e fruitore, ma anche tra i partecipanti stessi.

Creare fin da subito un ambiente sicuro, non giudicante e non direttivo è essenziale per far empatizzare tutti i soggetti coinvolti nel percorso, per favorire l’apertura, il confronto e il libero fluire delle idee per stimolare la creatività. A tal fine, “occorre prestare la dovuta attenzione all’identificazione e all’interpretazione della comunicazione non verbale, nonché all’utilizzo di modalità conversazionali (come riformulare in modo appropriato i commenti dei clienti, prestare la dovuta attenzione alle domande dei clienti; vale a dire, fornire ai clienti solo stimoli che soddisfano il criterio di essere nell’area di “sviluppo prossimale del cliente”)” (Di Fabio et al. 2011). Il fattore relazionale risulta, quindi, cruciale nei percorsi di consulenza che vertono sui principi del Life Design.

Questa dinamica, come abbiamo appena visto, rappresenta un importante strumento di crescita derivata dal confronto e la condivisione con gli altri, che funge da amplificatore che armonizza e rende più efficaci questi processi.

Nel prossimo e ultimo articolo parleremo del Flow, come”stato psicologico soggettivo di massima positività e gratificazione, che può essere vissuto durante lo svolgimento di attività e che corrisponde alla completa immersione nel compito”, non perdetevelo!

Bibliografia

(1) La Felicità è una Scienza e si può apprendere. Strategie positive per allenare e promuovere il benessere al lavoro e nella vita, Franco Angeli Editore  LEGGI LA NOSTRA RECENSIONE

 

Daniel Di Martino

Psicologo del Benessere & delle Organizzazioni, specializzato in Psicologia Positiva, Empowerment e Tecnologie Positive. Laureato Magistrale con lode presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, presso cui ha ricoperto il ruolo di rappresentante degli studenti per la facoltà di psicologia e di vice presidente di associazione studentesca, per sviluppare la comunità universitaria e promuovere l’aggregazione. Psicologo e Consulente per le organizzazioni e le risorse umane presso Eu-tròpia SB, dove progetta e conduce corsi di formazione, assessment, development center e focus group. Specializzato su temi di Diversity & Inclusion, orientamento e sviluppo di carriera, ricerca e analisi quanti-qualitativa. Segue altri progetti esterni in parallelo di selezione del personale e di progettista di percorsi di potenziamento. Coach certificato all’uso della metodologia Happy Coaching ®.
Link al mio profilo linkedin