di Daniel Di Martino
Collana Life Design: conoscersi, evolvere e realizzare i propri progetti di carriera.
Seconda Parte
La nascita del Design Thinking
Nella prima parte dell’articolo abbiamo analizzato le fasi di evoluzione del Design Thinking e le sue caratteristiche. Adesso vedremo com’è nato e quali sono le sue applicazioni per il benessere delle organizzazioni (1).
Ad ufficializzare l’ingresso nel mondo accademico del termine Design Thinking è un saggio del 1987 di Peter Rowe, all’epoca Direttore degli Urban Design Programs di Harvard, intitolato appunto “Design Thinking” (2), che descrive metodi e approcci utilizzati da architetti e urbanisti.
Nel 1991 inizia poi una serie internazionale di simposi di ricerca sul Design Thinking presso la Delft University of Technology.
A rendere definitivamente noto il termine e farlo entrare a tutti gli effetti nei contesti aziendali, è stato Tim Brown (guarda il video) nel 1991, CEO di IDEO, celebre società di innovazione e design, che poi nel 2009 pubblicherà il libro “Change by Design: How Design Thinking Can Transform Organizations and Inspire Innovation” (3). IDEO, a seguito della sua costituzione, ha presentato il suo processo di progettazione modellato sul lavoro sviluppato presso la Stanford Design School.
Nel 1992, il capo del design della Carnegie Mellon University, Richard Buchanan, pubblica un articolo, Wicked Problems in Design Thinking, nel quale riflette sulle origini del Design Thinking. In particolare, sottolinea come le scienze si siano sviluppate nel tempo a partire dal Rinascimento e formalizzate nelle specializzazioni e nei processi utilizzati, diventando sempre più separate l’una dall’altra.
Il Design Thinking si è sviluppato come mezzo per integrare questi campi di conoscenza altamente specializzati, in modo che possano essere applicati congiuntamente ai nuovi problemi che ci troviamo ad affrontare da una prospettiva olistica.
A partire dal 2005 il Design Thinking viene insegnato alla Stanford School of Design, o D. School. Quest’ultima oggi è nota come Hasso Plattner Institute of Design ed ha fatto dello sviluppo, dell’insegnamento e dell’implementazione del Design Thinking uno dei suoi obiettivi centrali.
Altre prestigiose università, business school e aziende lungimiranti hanno adottato la metodologia a vari livelli, a volte reinterpretandola per adattarla al loro specifico contesto o ai valori del marchio.
A cosa serve il Design Thinking?
Il Design Thinking è un metodo che può permettere alle aziende di trasformarsi in organizzazioni di successo per diversi motivi, in quanto permette di introdurre innovazioni e trovare soluzioni creative a problemi complessi che possono trovarsi ad affrontare in vari ambiti:
- Orientamento al cliente, ponendo al centro delle attenzioni le esigenze e i desideri dei clienti, incoraggiando le aziende a comprendere profondamente i problemi e le sfide che gli utenti affrontano. Questo approccio porta a prodotti e servizi migliori e più adatti alle esigenze del mercato.
- Innovazione, ricercando soluzioni creative ai problemi. Invece di seguire percorsi convenzionali, le aziende utilizzano il Design Thinking per generare idee originali e non convenzionali che possono trasformare l’esperienza del cliente e differenziare il proprio brand sul mercato.
- Collaborazione interna e multidisciplinarietà, in quanto il processo di produzione delle soluzioni creative promuove un approccio multidisciplinare che incoraggia la collaborazione tra diverse funzioni aziendali. Questa collaborazione favorisce la condivisione di prospettive diverse e stimola l’innovazione.
- Prototipaggio rapido e test iterativo delle soluzioni, consentendo alle aziende di sperimentare le diverse idee e raccogliere feedback tempestivi dai clienti. Questo consente di ridurre i tempi di sviluppo e di migliorare continuamente i prodotti e i servizi.
- Adattamento al cambiamento, in quanto il Design Thinking è intrinsecamente flessibile e orientato al cambiamento. Le aziende possono utilizzare questo approccio per adattarsi rapidamente alle mutevoli esigenze del mercato e anticipare le tendenze emergenti, mantenendo così la loro rilevanza e competitività nel lungo periodo.
Il Design Thinking offre alle aziende un metodo strutturato e centrato sull’utente per affrontare sfide complesse, innovare e fornire valore ai propri clienti in modo efficace ed efficiente.
Da questo approccio è nata, e ha preso sempre più piede, la metodologia del Life Design, sviluppata da Burnett & Evans, modello che può essere applicato anche in ambito di orientamento e sviluppo di carriera.
Nel prossimo articolo parleremo del Life Design e di come disegnare un percorso di carriera che rispecchi le vostre aspettative, per vostro benessere professionale e personale (1). Non perdetevi l’appuntamento.
Bibliografia
(2) Peter Rowe 1987, “Design Thinking”
(3) Tim Brown 2009, Change by Design: How Design Thinking Can Transform Organizations and Inspire Innovation
Daniel Di Martino
Psicologo del Benessere & delle Organizzazioni, specializzato in Psicologia Positiva, Empowerment e Tecnologie Positive. Laureato Magistrale con lode presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, presso cui ha ricoperto il ruolo di rappresentante degli studenti per la facoltà di psicologia e di vice presidente di associazione studentesca, per sviluppare la comunità universitaria e promuovere l’aggregazione. Psicologo e Consulente per le organizzazioni e le risorse umane presso Eu-tròpia SB, dove progetta e conduce corsi di formazione, assessment, development center e focus group. Specializzato su temi di Diversity & Inclusion, orientamento e sviluppo di carriera, ricerca e analisi quanti-qualitativa. Segue altri progetti esterni in parallelo di selezione del personale e di progettista di percorsi di potenziamento. Coach certificato all’uso della metodologia Happy Coaching ®.
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