A cura di Andrea Stroppiana,

Sono un fan della visualizzazione delle idee, faccio formazione visualizzando con diversi mezzi i concetti chiave che propongo ai partecipanti o che i partecipanti stessi propongono al gruppo che sto formando. Condivido l’idea, ampiamente dimostrata, che l’apprendimento e la memorizzazione siano maggiori quanto più “sensi”, tra i 5 che disponiamo, vengano coinvolti nel processo comunicativo. Ciò detto e nonostante ciò, sopporto sempre più a fatica l’invasione delle cosiddette “slide”, che qualche anno fa si proiettavano con la lavagna luminosa e che oggi vengono socializzate tramite computer per lo più utilizzando il programma Power Point.

Posto che non esistono strumenti buoni o strumenti cattivi, ma buono o cattivo è l’utilizzo che se ne fa, è innegabile che l’uso delle slide sia sempre più diffuso e venga propinato, a mio avviso in modo indiscriminato, quasi ad ogni evento in cui qualcuno debba trasmettere conoscenze o capacità o voglia illustrare concetti, fatti, idee.

Sono formatore da più di 5 lustri e mi piace studiare da dilettante i processi psicologici legati all’attenzione, all’apprendimento e alla memorizzazione. Questi 20 e passa anni di esperienza mi portano a credere che gli esseri umani apprendono e memorizzano le cose che ascoltano nella misura in cui vengono coinvolte le loro Emozioni. Ho scritto volutamente questa parola con la e maiuscola perchè le Emozioni costituiscono l’elemento chiave che fa funzionare in maniera attiva il cervello delle persone (o almeno il mio).

Non voglio qui soffermarmi sulle slide che contengono più di 8-10 righe (che ritengo autentiche aberrazioni) né vorrei prendere nella benché minima considerazione quei docenti o quei relatori che le leggono diligentemente ad alta voce di fronte alla loro “audience”in quanto entrambi gli aspetti ricadono nella sfera del grottesco. Qui mi riferisco a slide non sovraccariche di contenuti, quasi sempre strutturate a punti elenco o ricche di enunciati e definizioni come vuole il più sano protocollo e, al contempo, mi riferisco a docenti che usano il proprio linguaggio narrativo per accompagnarne la lettura.

Ora che ho fatto questi distinguo che mi ha permesso di definire inadeguati almeno il 50% (e sono ottimista) degli utilizzi di Power Point, mi concentrerò sul rimanente 50% .

A questo proposito, visto che l’esigenza della formazione a distanza imposta dal COVID è per fortuna quasi scomparsa, riconoscendo l’importanza delle slides in tale situazione contingente, e visto che si sta ricominciando ad organizzare eventi in presenza, mi vorrei prendere il lusso di fare, a briglia sciolta, alcune affermazioni.

Prima affermazione: “le slide sedano le emozioni”. Esse sono lo strumento più a-emotivo, o se si preferisce, anaffettivo che, salvo rarissimi casi, i tempi moderni abbiano partorito nel campo della comunicazione. In una serie di punti elenco è contenuto un grado di freddezza, frustrazione e non coinvolgimento che solo le liste riescono ad avere. La lista (si pensi a quella della spesa o delle cose da fare) è proprio ciò che si redige quando si vuole evitare di memorizzare o perchè si ritiene che tale sforzo non valga la pena o perchè si pensa di non avere il tempo o la capacità di farlo.

Personalmente quando mi trovo di fronte ad una lista di punti elenco partecipando ad attività formative, mi scoraggio immediatamente. Mi assale la sindrome da affaticamento precoce misto ad un senso di frustrazione e di impotenza. Profondamente diverso quando la lista viene costruita mattoncino dopo mattoncino e costituisce il prodotto finale (e non iniziale) di un processo. Allora memorizzarla non costa così tanta fatica e non provoca frustrazione perchè la si è costruita passo a passo e la si possiede come il risultato riassuntivo del processo stesso. Ancora, e per concludere, uno schermo con una frase, definizione, enunciato, copiata su PP probabilmente da una persona diversa da quella che la commenterà e in un momento antecedente a quello della proiezione mi fa lo stesso effetto emotivo delle cartoline di auguri che si comprano prestampate dal tabaccaio o delle lettere d’amore suggerite in internet da un software di intelligenza artificiale per chi è a corto di idee. Non pretendo certamente che l’enunciazione del teorema di Pitagora possa essere oggetto di creatività e fantasia, ma credo fermamente che anche un concetto apparentemente freddo possa essere veicolato in modo assai più coinvolgente di ciò che può fare una definizione copiata da un manuale o presa da internet e proiettata sul muro.

Seconda affermazione: “le slides tolgono potere”. Se per il lettore di questo scritto hanno un senso concetti quali ownership, protagonismo, partecipazione attiva, applicati a chi è coinvolto in un evento centrato sulla comunicazione (come ad es. la formazione, o un convegno), ebbene non avrà difficoltà a condividere la sensazione che le slide vadano nella direzione diametralmente opposta a questi 3 concetti. Esse non lasciano spazio, nella loro formulazione, al soggetto che ne fruisce perchè sono già impacchettate come un prodotto definitivo; esse non contemplano contributi altri rispetto a quelli di chi le ha fatte perchè sono blindate in quanto prodotto preconfezionato. Riuscite ad immaginare una slide con una lista di punti a cui un partecipante volesse aggiungerne qualcuno? O una definizione che qualcuno proponesse di migliorare? Bisognerebbe entrare in PP e ritoccare la slide. Quale docente si sognerebbe di farlo di fronte al gruppo mettendo in forse la bontà del proprio prodotto?

Terza affermazione: “le slide sono di una noia mortale”. Vi è mai capitato di ascoltare un intervento di qualcuno che, foglio in mano, si mette a leggere? Come vi è sembrato? Direi che tale non era precisamente lo stile di Ghandi e di Martin Luter King quando parlavano alla gente per comunicare idee importanti. Pur non essendoci analogia c’è però forte similitudine. Le slide hanno il livello di comunicazione creativa e di coinvolgimento emotivo di un concerto pre registrato e trasmesso in play back, o di una porzione di spaghetti alla bolognese in scatola riscaldata al microonde.

Quarta ed ultima affermazione: “le slide appiattiscono l’individuo omologandolo alla massa”. Questo perchè le slide sono preconfezionate, questa è la loro natura e la loro ragion d’essere, non solo, ma esse sottolineano e sanciscono una differenza gerarchica tra chi trasmette i contenuti e chi li riceve, aspetto particolarmente antipatico nella formazione degli adulti. Devono livellare, omogeneizzare e soprattutto standardizzare il trasferimento dei concetti e delle idee con totale noncuranza dell’individuo in quanto tale: il messaggio viene trasmesso allo stesso modo chiunque si abbia di fronte. E non da ultimo (e in questo ci si allaccia alla prima affermazione sulla a-emotività), la standardizzazione come la omogeneizzazione possono raramente stupire, divertire o uscire dalla strada battuta e consolidata. Sono perfette in un evento accuratamente pianificato in cui è importante il rispetto dei tempi, ed in cui i contenuti non sono da discutere, ma da prendere, preferibilmente in silenzio, così come sono.

Avevo detto all’inizio che non esistono strumenti buoni o cattivi. Ecco a seguito una serie di situazioni in cui ritengo appropriato e positivo l’uso di slide.

In primo luogo ritengo le slide un perfetto strumento di appoggio e aiuto al docente incerto, il quale, per assurdo, potrebbe essere anche debolissimo o completamente neofita su di un argomento, ma con buone slide riuscirebbe a fare, con discenti alle prime armi, una figura accettabile. Il docente così ha il pieno controllo dei tempi e dei contenuti, non rischia di scordarsi nulla e non deve memorizzare le definizioni né la scaletta della lezione.

In secondo luogo ritengo le slide un perfetto strumento per quel relatore che non ha tempo (o voglia) di preparare una presentazione in un modo più coinvolgente (esiste sempre, un modo più coinvolgente rispetto all’uso delle slide). Quante volte queste sono fatte da persone diverse da quelle che ne fanno uso? Quante volte docenti o relatori ne vanno a caccia per parlare di qualcosa di cui hanno poca dimestichezza o quando hanno poco tempo per prepararsi?

In terzo luogo ritengo le slide utili ed appropriate per mostrare fotografie, grafici, budget, tabelle che possano fungere da sostegno ad idee espresse o da esprimere con altri mezzi; oppure, una tantum, per comunicare citazioni, definizioni, leggi o regole; anticipare brevemente concetti da approfondire altrimenti o riassumerli se già approfonditi, mostrare i passi per un esercizio che si richiede di fare ai partecipanti o una bibliografia.

In quarto luogo ritengo le slides utilissime per fare un ripasso di ciò che si è insegnato o comunicato in altro modo e con altri mezzi al termine di una giornata o di un intervento particolarmente lungo o elaborato.

In quinto ed ultimo luogo ritengo le slides spesso funzionali quando sia necessario fare formazione a distanza e non sia possibile farla in presenza.

Ci sono casi in cui, invece le slide non sono uno strumento appropriato e sono tutti quelli che non rientrano nei 5 punti precedenti, ovvero una grande percentuale dei casi in cui normalmente vengono usate. A questo proposto vorrei fare una affermazione conclusiva che mi attirerà le ire ed il vituperio della stragrande maggioranza dei docenti e mi getterà nell’ultimo girone dell’inferno della formazione: ritengo che le slide usate al di fuori delle situazioni che ho descritto sopra, e salvo rarissimi casi, costituiscano una mancanza di rispetto verso le persone a cui vengono proiettate: non solo perchè indicano che colui che le sta usando non ha avuto voglia di trovare il modo di pensare a forme comunicative più coinvolgenti, ma soprattutto perché tale docente o relatore ha ritenuto la propria “audience” non abbastanza importante o matura da meritare una comunicazione esclusiva e per finire non ha giudicato i partecipanti in grado di potersi inserire in modo attivo nei contenuti considerandoli soggetti passivi e inadatti a contribuire alla formulazione dei contenuti. Le slide, come ho già espresso, portano la comunicazione nella direzione della omologazione in cui si comunica senza adattare il messaggio al gruppo o all’individuo che si ha davanti lasciando le persone in gran parte al di fuori dai processi comunicativi, mettendo barriere fisiche e psicologiche tra docente e discente, comunicatore e ascoltatore.

Non è raro che dopo una lunga serie di diapositive in PP l’ultima contenga la parola GRAZIE. È una bella cosa ed è appropriato ringraziare la platea di aver sopportato, magari in silenzio, la noia di una presentazione in PP. In questo caso è giusto che sia il relatore a ringraziare i discenti per la pazienza dimostrata senza ribellarsi e non viceversa.

Nel mio quartiere sono spariti la maggior parte dei negozietti dove la gente andava a fare la spesa coniugando necessità e piacere, dove l’avventore scambiava due parole col negoziante anche quando c’era la fila e si socializzava per il gusto di farlo. Ora al loro posto c’è il supermarket se non il centro commerciale dove si può comprare tutto nello stesso luogo, risparmiando tempo e senza la necessità di aprire la bocca. Qui la mortadella si trova già affettata e impacchettata sotto vuoto in confezioni standard da 100 grammi e mezzo millimetro di spessore. Il prodotto e le esigenze del cliente sono predefiniti. Analoga è la logica secondo la quale mi sembra si stia muovendo la formazione e la comunicazione negli ultimi anni. Se è questo quello che vogliamo e quello che ci piace, continuiamo pure ad usare Power Point come stiamo facendo.

P.S. E’ nato un movimento su scala mondiale anti power point con sede in Svizzera. Chi fosse interessato a saperne di più il sito è: www.anti-powerpoint-party.com

 

Andrea Stroppiana

Andrea Stroppiana, economista, docente all’Università La sapienza e presso alcuni Master internazionali, si occupa di Cooperazione, Monitoraggio e Valutazione da più di 25 anni. Dal 2020 affianca l’Agenzia Italiana Cooperazione allo Sviluppo (AICS) sulle tematiche del mainstreaming ambientale negli interventi di cooperazione come consulente esterno di Sogesid Spa, in house del MASE (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica). Autore del libro “Monitoraggio e Valutazione di Azioni per il Cambiamento” edito da Franco Angeli