L’agilità è una parola fin troppo abusata in alcuni contesti. L’agilità ha vissuto in realtà delle ere geologiche. E’ nata come un modo di lavorare nel mondo dell’Information Technology ma presto molti dei suoi concetti sono stati portati anche nella gestione dei progetti. Da meno di 10 anni alcuni framework hanno iniziato a parlare di Business Agility, ovvero l’agilità nella gestione dei prodotti delle aziende. Vivere in un mercato globale dove la spinta tecnologica all’innovazione sembra non avere limite, induce le aziende ad un continuo aggiornamento. Lavorare per prodotti ed evolverli con continuità rappresenta la nuova frontiera del lavoro. Nel 2020 Peter Hinssen ha introdotto il termine “Never Normal” proprio a testimoniare come tutto non possa essere guidato con dei canoni assimilabili ad una consuetudine ma come invece bisogna scoprirsi sempre adattativi, in linea con la naturale attitudine dell’uomo.
L’agilità di Business ha richiesto di rivedere necessariamente gli aspetti organizzativi, la Enterprise Agility, ovvero come organizzare il lavoro per essere agili. In linea con il mindset agile si è subito riscoperto il valore del Lean. Essere “agili” vuol dire riscoprire quanto già condiviso oltre sessanta anni fa. Riscoprire il Lean vuol dire rimettere le persone al centro, eliminare le inefficienze e promuovere nuove modalità di lavoro da aggiornare con il “continuous improvement” e molti altri buoni principi. L’organizzazione delle attività ha visto quindi una progressiva rivoluzione nelle organizzazioni aziendali.
Quando siamo fortemente orientati alla produzione, in contesti poco innovativi, si preferisce un modello organizzazione funzionale con il tradizionale modello gerarchico con tante strutture e dipartimenti. Il passaggio a contesti più dinamici ha profondamente messo in crisi il comune modello di organizzazione. Lavorare per progetti in contesti innovativi richiede la creazione di gruppi di lavoro focalizzati alla creazione di valore. Si preferisce quindi rompere i silos, e organizzarsi per prodotto. Fino a quando il prodotto sarà attivo un gruppo di persone si dedicherà totalmente al suo sviluppo e alla sua evoluzione. Assistiamo quindi ad un passaggio dalla produzione alla gestione per progetti. La spinta della tecnologia, descritta nel “Digital Vortex” della IMD Business School ha accelerato il passaggio di tante organizzazioni da progetto a prodotto ma anche da prodotto a servizio. Oltre a sviluppare prodotti le aziende, soprattutto industriali, stanno integrando soluzioni tecnologiche nei prodotti che abilitano la creazione di nuovi servizi, in grado di arrivare sempre più vicino ai clienti.
In un contesto così dinamico si rende quindi necessaria un’organizzazione del lavoro altrettanto agile. Si parte quindi dal manifesto agile e si affondano le radici nelle metodologie Lean. Il valore è quindi nelle persone che sono organizzate in piccoli team cross funzionali. I piccoli team hanno la possibilità di promuovere lo spirito imprenditoriale delle persone. L’organizzazione deve fornire sempre una chiara vision e saranno poi le persone a realizzare prodotti o soluzioni in grado di poter raggiungere l’obiettivo. I piccoli team tipicamente sono composti da persone con una forma a T, piuttosto che ad I I ( McKinsey 1980). La forma a T rappresenta persone che hanno una competenza forte ma che possiedono anche altre competenze, in grado di supportare gli altri membri del team a fronte di specifiche necessità. Le persone T-Shaped si contrappongono alle persone i-Shaped, ovvero persone con una sola competenza forte e meno flessibili nell’approccio ad altre attività. I tanti piccoli team, si organizzano attorno al prodotto per svilupparlo in modalità iterativa, incrementale e adattiva. In linea con la principale indicazione di Disciplined Agile, il contesto conta, ovvero dobbiamo sempre avere la capacità di scegliere insieme la nostra modalità di lavoro. Al contrario la metodologia “Scaled Agile Framework” offre un modello molto strutturato, anche se flessibile, che prevede una chiara organizzazione basata su “treni di valore“, finalizzati a migliorare i “value stream” aziendali. In tale modello l’agilità di business si esplica in un backlog di portfolio che contiene tutte le iniziative prioritizzate per massimizzare la creazione di valore. Lo sviluppo dei prodotti viaggia quindi attraverso tre orizzonti che partono da una fase prototipale e sperimentale per consolidarsi progressivamente in nuovi prodotti sempre più ricchi di nuove funzionalità. L’organizzazione aziendale supera quindi l’orientamento ai progetti per entrare nella logica dell’approccio per prodotto . In funzione della strategia aziendale e dei prodotti che saranno realizzati si organizzano i team per poter lavorare nelle diverse fasi, presenti nei diversi orizzonti, ovvero da una fase di esplorazione, ad una fase prototipale e ad una fase di sviluppo prodotto.
Alla luce di quanto discusso, comprendiamo quindi come l’attuale spinta della tecnologia consenta alle aziende di vivere in maniera dinamica il mercato per poter massimizzare la creazione di valore per i clienti attraverso un’organizzazione altrettanto flessibile, che metta al centro le persone, insaziabili studenti che sapranno realizzare le soluzioni che meglio rispondono agli obiettivi, con uno spirito imprenditoriale che non richieda un continuo comando. In accordo con la linea Brightline del Project Management Institute (PMI) dobbiamo quindi colmare il gap tra la strategia e quello che poi realmente realizziamo, ovvero dedicarci a pochi prodotti o servizi in grado di portare valore agli utenti attraverso un’organizzazione snella ed efficace.
Alcune aziende come (Valve’s way – Phanish Puranam, Dorthe DOJDAK Hakonsson) hanno sviluppato alcuni interessanti modelli organizzativi dove le persone possono decidere quotidianamente in quale team lavorare in funzione delle proprie inclinazioni e attitudini. Un’organizzazione estremamente piatta dove ognuno conta per il valore che porta al team e al prodotto su cui lavora.
in un’epoca VUCA (Volatility, uncertainty, complexity and ambiguity, Warren Bennis and Burt Nanus 1987) o di Never Normal solo chi saprà fare surf meglio di altri sarà affermarsi come un punto di riferimento per i nuovi prodotti che realizzerà, grazie all’adattabilità della propria organizzazione e alle competenze delle proprie persone.
Carmine Paragano
Presidente del Project Management Institute per il Centro Italia. Oltre 20 anni di esperienza nella gestione dei progetti complessi per NTT DATA Italia, dove ricopre il ruolo di responsabile per l’Enterprise Agility & Program Governance. Negli ultimi anni ha supportato le aziende nelle attività di trasformazione per la corretta adozione delle metodologie agile. E’ autore di un libro sulla gestione dei progetti complessi e diversi articoli su riviste di settore, oltre che formatore per diverse Università italiane.
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